La storia è quella di una piccola famiglia di Saint Louis, quella dei Wingfield, composta da Amanda, la madre e i suoi figli, Tom e Laura. Il padre ha abbandonato tutti e se n’è andato. Ogni personaggio ha assorbito questa assenza e ne porta un tratto. Amanda, divenuta mostruosamente possessiva, si ritrova sola con due figli difficili da “gestire”: Tom, poeta impiegato in un magazzino, io narrante dell’intera vicenda, torna a casa dopo anni di vagabondaggi, e insofferente alle prediche ossessive della madre, vorrebbe fuggire da questa situazione, ma si sente imprigionato tra un profondo desiderio di libertà e l’amore per la sorella Laura, straordinario personaggio, resa claudicante da una malattia che ne caratterizza anche l’animo fragile e che la chiude nel suo mondo immaginario fatto di animaletti di cristallo, lo zoo di vetro per l’appunto. Quando alla fine Jim, un amico del fratello, di cui Laura era innamorata fin dal liceo, viene a far visita alla famiglia, lei tenta di vincere con ogni forza la sua ritrosìa, si appoggerà a questo giovane, al sogno di diventarne la fidanzata e lo zoo di vetro crollerà.

L'autore - note biografiche

Tennessee Williams Nasce a Columbus, Mississippi, nel 1911, da Cornelius Coffin e Edwina Dakin Williams. La famiglia viveva con i nonni materni, Rosina Otte e il Reverendo Walter Edwin Dakin. Deriso dal padre perché non si confaceva alla tipologia standard del maschio dell’epoca, Thomas ebbe un rapporto di profondissimo affetto col nonno, che negli anni a venire portò con sé anche a Key West, l’isola della Florida dove aveva acquistato una casa. Tom aveva una sorella, Rose, e un fratello, Dakin. La sorella molto presto mostrò segni di disturbo psicologico, che andavano dall’ansia alla schizofrenia. Tra il ’29 e il ’38, Williams frequentò vari college senza grande successo e lavorò presso l’International Shoe Company. Nel 1938 si laureò, lo stesso anno in cui la sorella fu chiusa in un ospedale psichiatrico. Poco più tardi, Rose fu operata al cervello con una lobotomia che la trasformò in una specie di vegetale. Williams non perdonò mai la madre per aver acconsentito a questa operazione e per anni sentì un profondo senso di colpa nei confronti della sorella. Al tempo stesso, soffriva anche lui di attacchi di panico e il timore di fare la stessa fine di Rose era enorme. Negli anni ’30 in California e poi durante altri viaggi negli Stati Uniti, Williams cominciò ad avere relazioni con uomini. Contrariamente a quanto si è creduto per anni, egli non ebbe mai difficoltà ad accettare la propria omosessualità, come si deduce dalle sue “Memorie” pubblicate nel 1975 e i suoi diari personali (Notebooks), pubblicati postumi nel 2007. Data l’epoca in cui viveva, la sua discrezione è passata spesso per ipocrisia o paura di accettarsi. Nel 1938 Williams si laurea all’University of Iowa e l’anno successivo, dopo aver vinto 1000 dollari della Fondazione Rockefeller per i suoi atti unici American Blues, cambia il nome di battesimo in Tennessee. Dal ’39 al ’44 vive per brevi periodi in vari luoghi degli Stati Uniti, tra i quali New York, New Orleans, Taos, New Mexico e Provincetown, che raccoglieva, nella cittadina di Cape Cod, una grande e libera comunità di artisti. Nel ’43 firma un contratto di sei mesi con la Metro-Goldwyn Mayer per la stesura di una sceneggiatura. Williams non è tagliato per l’impiego, anche se per buona parte del Novecento, tanti grandi registi avrebbero fornito memorabili versioni cinematografiche dei suoi drammi. Tra questi, Elia Kazan, Joseph Mankiewicz, Richard Brooks, Irving Rapper, Paul Newman. La relazione di Williams col segretario, Frank Merlo, durò dal 1947 fino alla morte di Merlo per carcinoma polmonare nel 1963 e garantì a Williams la stabilità per un lungo periodo nel quale egli scrisse i suoi lavori più duraturi. Merlo riuscì infatti a compensare molti dei frequenti accessi di depressione di Williams, e soprattutto la paura che, come la sorella Rose, anch’egli sarebbe diventato pazzo. La morte di Merlo sprofondò Williams in un periodo di acuta depressione che durò un decennio e che lo avvicinò all’alcolismo. In Tennesse Williams il simbolismo e la preoccupazione per il caso clinico o abnorme sono predominanti fin dall’inizio. Laddove perciò in Miller si raggiunge nei casi migliori la tragedia moderna, in Williams predominano il patetismo e l’ossessione psico-sessuale. Se l’uno si rifà, almeno inizialmente, al dramma sociale, l’altro sembra continuare la tradizione del decadentismo, raggiungendo effetti di dramma poetico. Natio del Mississippi, dopo una giovinezza difficile, un’istruzione interrotta per difficoltà economiche e completata in ritardo, una serie eterogenea di lavori, raggiunge il suo primo successo nel 1945 con The glass menagerie, un “dramma della memoria” a sfondo autobiografico; un tipico mood piece crepuscolare, scarno negli sviluppi ma carico di suggestioni ed effetti poetici. “Narrato” dal figlio Tom, è la storia patetica della sorella zoppa che la madre costringe ad una umiliante esperienza con un visitatore occasionale, dalla quale la ragazza ripiomba più che mai delusa nella sua solitudine di disadattata. Fin troppo ovvio nel simbolismo (accentuato da Tom che ha “la debolezza di un poeta per i simboli”), è opera di struggente melanconia che eccelle nell’evocazione di un’atmosfera di decadenza, anche se ha in germe tutti i pericoli di un diffuso poeticismo. tratto da S.Perosa “Storia del teatro americano”

LO ZOO DI VETRO di Tennessee Williams – traduttore Gerardo Guerrieri – regia Giuseppe Costantino – con Amanda Wingfield, Chiara Angelini / Tom suo figlio, Alberto Reiteri / Laura sua figlia, Dania Milanese / Jim O’Connors, un giovane, Luca Cecchini / La cantante jazz, Monica Guglielminetti – scenografie Laboratorio scenografico di Nuovo Palcoscenico su idea di Giuseppe Costantino – musiche George Gershwin, Abel Meerepol, James Davis-Roger Ramirez-James Sherman, Duke Ellington-Eddi Delange-Irving Mills. Appartengono tutte al repertoio di Billie Holiday
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